Aupi Staff asked 7 anni ago

Dr.ssa A. L. Milano

Ho sentito parlare del divieto di cumulabilità tra pensione e reddito da lavoro autonomo e/o dipendente. Corrisponde al vero ?

 

1 Risposta
Aupi Staff answered 7 anni ago

Risposta al Dr.ssa A. L.
Con l’articolo 19 del D.L. 112/2008 la normativa sul divieto di cumulo tra pensione e redditi da lavoro autonomo e dipendente è stata totalmente modificata, introducendo l’integrale cumulabilità dal 1° gennaio 2009 delle pensioni di anzianità (a carico di tutte le forme di assicurazione obbligatoria) con i redditi da lavoro autonomo e dipendente. In sostanza, tutte le pensioni di anzianità (o altrimenti definite, caratterizzate cioè dall’essere anticipate rispetto all’età prevista dalla legge per il conseguimento della pensione di vecchiaia), godono dello stesso regime di totale cumulabilità con i redditi da lavoro autonomo e dipendente, indipendentemente dal regime pensionistico (retributivo, contributivo o misto) al quale appartengano.
Il divieto di cumulo resta fermo, tuttavia, nei confronti dei pubblici dipendenti, nel caso in cui siano riammessi in servizio presso le pubbliche amministrazioni. L’articolo 19, comma 3, del D.L. 112/2008, infatti, ha previsto che restino in vigore le disposizioni del D.P.R. 758/1965, il quale prevede che il cumulo di una pensione con un trattamento per un’attività resa presso le pubbliche amministrazioni non sia ammesso nei casi in cui il nuovo servizio prestato costituisca una derivazione, una continuazione od un rinnovo del rapporto precedente che ha dato luogo alla pensione.
Di recente, attraverso la Legge di stabilità 2014, è stato stabilito un lieve giro di vite per i titolari di trattamenti pensionistici erogati da gestioni pensionistiche pubbliche per i soggetti che svolgono altra attività o incarichi retribuiti.
Le Amministrazioni Pubbliche ricomprese nell’elenco Istat di cui all’art.1, c. 2, della Legge 196/2009 e successive modificazioni non potranno erogare trattamenti economici che, sommati al suindicato trattamento pensionistico, superi il limite fissato dall’art. 23ter, c. 1 del decreto Legge 201/2011 convertito in Legge 214/2011 (lo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione) pari a poco più di 300.000 euro.
 

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