M.AM. Dipendente Lombardia
Sono ..……….., una vostra iscritta e vorrei comprendere meglio la mia posizione previdenziale al fine di operare una scelta consapevole. So che ho già acquisito gli anni di contribuzione per poter accedere alla pensione ma sto lavorando per incrementare l’importo pensionistico perché mi è stato detto che viene calcolato sugli ultimi dieci anni di lavoro, considerato che prima lavoravo a part-time. E’ vero?
Quale sarebbe l’importo pensionistico se terminassi il lavoro alla fine del 2021 (con otto anni di servizio a tempo pieno nella ASST) e quale se ci andassi alla fine del 2023 (con dieci anni) ? E qualora continuassi a lavorare anche dopo dieci anni nella ASST, di quanto si incrementa annualmente l’assegno pensionistico?
Con quale sistema, retributivo, contributivo o misto, viene calcolato?
Se continuo a lavorare, rischio delle penalizzazioni per il ritorno alla Legge Fornero o per altre disposizioni legislative?
Sono stata assunta a tempo indeterminato e tempo pieno nella ex Asl di ………, ora ASST …….., il 16.10.2013, mentre nei precedenti 15 anni circa, ho lavorato part-time al 50% presso il comune di Seriate(BG) e con un contratto non della dirigenza.
Ho allegato tutta la documentazione richiesta ma per comodità faccio una sintesi dei vari rapporti di lavoro:
- Ricongiunzione di lavoro in azienda pari a 1 anno, 11 mesi, 16 giorni
- Riscatto del diploma di Infermiera professionale pari a anni 2
- Assunzione a tempo determinato, e poi a tempo indeterminato senza soluzione di continuità, il 17.07.1979 presso il Consorzio Provinciale Antitubercolare di ……….poi confluito nella ex U.S.S.L. N. ……… in qualità di Infermiera Professionale.
Þ Aspettativa senza assegni dal 01.05.1989 al 31.10.1989 (interrotta per congedo matrimoniale dal 28.08.1989 al 08.09.1989).
Þ Congedo straordinario non retribuito per la malattia di mia figlia di età inferiore a tre anni (non ricordo se era coperto dai contributi figurativi) dal 06.04.1992 al 05.11.1992
Þ Cessazione per dimissioni volontarie per vincita concorso il 05.12.1993.
- Assunzione a tempo indeterminato e tempo pieno il 06.12.1993 presso il Comune di Seriate.
Þ Dal 20.03.1995 al 25.08.1995 aspettativa senza assegni per motivi familiari;
Þ Dal 01.05.1998 rapporto di lavoro part-time al 50%;
Þ Dal 16.07.2012 al 28.02.2013 aspettativa senza assegni per incarico a tempo determinato come Dirigente psicologa c/o l’ex ASL di ……….;
Þ Dal 01.03.2013 al 15.10.2013 (data di cessazione del rapporto di lavoro) ripresa del lavoro a part-time al 50%
- Assunzione a tempo determinato come Psicologa Dirigente dal 16.07.2012 al 28.02.2013 presso l’ex ASL di ………..;
- Assunzione a tempo indeterminato e full-time il 16.10.2013 come Dirigente Psicologa presso l’ex ASL di ……………. e fino ad oggi.
Ringrazio anticipatamente e sono a disposizione per eventuali chiarimenti.
M.AM. Dipendente Lombardia
Da ciò che riferisce l’iscritta parrebbe aver maturato, al 31/03/2021, una anzianità contributiva complessiva pari a 44 aa., 1 mese e 33 giorni.
Se i succitati dati fossero confermati la medesima avrebbe maturato da tempo il requisito previsto dall’art. 24, comma 10, del D.L. 06/12/2011 n° 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22/12/2014 n° 214 (Legge Monti-Fornero), sostituito poi dall’art. 15, comma 1, del D.L. del 28/01/2019 n° 4, il quale, stabilisce che, a decorrere dal 01/01/2019 e fino al 31/12/2026, l’accesso alla pensione anticipata è consentito se risulta maturata un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne, stabilendo altresì che la prestazione pensionistica decorra trascorsi 3 mesi dalla data di maturazione dei citati requisiti, con una pensione, per il caso di specie, calcolata col sistema retributivo, in quanto, sempre che si confermino i dati indicati, alla data del 31/12/1995 avrebbe maturato il requisito minimo dei 18 anni di anzianità contributiva, presupposto indispensabile per accedere al menzionato sistema di calcolo.
La misura della pensione nel sistema retributivo è data dalla somma di tre distinte quote (A + B + C). La prima (A) corrispondente all’importo relativo all’anzianità contributiva maturata sino a tutto il 31 dicembre 1992; la seconda (B) corrispondente all’anzianità contributiva acquisita dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2011 e la terza (C) corrispondente all’importo relativo all’anzianità maturata dall’1 gennaio 2012 alla cessazione.
La base pensionabile dei dipendenti pubblici è così costituita: l’ultimo stipendio, per la quota A; media annua delle retribuzioni dei 10 anni (per il sistema retributivo) che precedono la decorrenza, per la quota B, mentre la quota C si calcola col sistema contributivo puro.
L’ammontare della prestazione pensionistica spettante, relativa all’anzianità maturata al 31 dicembre 1992 (quota A) è stabilito, per il personale degli enti locali (per il caso di specie con iscrizione alla CPDEL), si ricava moltiplicando lo stipendio pensionabile alla cessazione per l’aliquota di rendimento, prevista dalla tabella allegato A della legge 965/65, corrispondente all’anzianità contributiva al 31/12/1992 che, per l’iscritta se confermato, con 16 aa. e 4 mm. determinerebbe un importo di pensione (quota A) pari al 39,256 % dell’ultima retribuzione alla cessazione (solo emolumenti fissi e ricorrenti).
Le retribuzioni utilizzate per la quota B (media degli ultimi 10 anni per chi rientra nel sistema retributivo) vengono aggiornate tenendo conto dell’inflazione, con esclusione di quello dell’anno di decorrenza e di quello dell’anno immediatamente precedente, con riferimento alla variazione degli indici Istat dei prezzi al consumo tenendo conto di un’aliquota di rendimento, relativa al calcolo della quota B, del 2% l’anno.
Per la quota C, invece, il sistema contributivo funziona ad accumulo, ovvero, il lavoratore provvede, con il concorso del datore di lavoro, ad accantonare annualmente il 33% del proprio stipendio, c.d. montante, producendo una sorta di interesse composto, a un tasso legato alla dinamica quinquennale del PIL (il prodotto interno lordo) e all’inflazione.
Alla data del pensionamento al montante contributivo, ossia la somma rivalutata dei versamenti effettuati, si applica un coefficiente di conversione che cresce con l’aumentare dell’età. Con riferimento al 2021, ad esempio, il coefficiente è pari al 4,515%, per chi chiede esce a 60 anni, sale al 5,220% per chi resiste fino a 65 anni e al 6,215% se si decide di arrivare fino a 70 anni. A partire dal 2019, i coefficienti di trasformazione sono rivisti ogni due anni – in precedenza lo erano ogni 3 – sulla base dell’evoluzione degli andamenti demografici legati alla speranza di vita, pertanto, per il 2023 è prevista una revisione dei citati coefficienti (finora sono sempre stati a ribasso).